Congresso Ds
Se la sinistra va un po' fuori tema
Il brano pubblicato è un'anticipazione del volume "Progetto per la sinistra del Duemila" (Donzelli Editore) che sarà in libreria giovedì 15 gennaio in contemporanea con l'apertura del Congresso dei Ds di Torino. Il volume contiene la presentazione del "Progetto per la sinistra del Duemila", documento politico elaborato in vista dell'assise della Quercia dalla commissione guidata da Giorgio Ruffolo. Il libro si avvale, oltre che dell'intervento di Norberto Bobbio, anche di saggi di Marcello de Cecco, Jacques Delors, Ilvo Diamanti Bruno Trentin. La presentazione è di Walter Veltroni, la postfazione è di Giorgio Ruffolo
di NORBERTO BOBBIO, filosofo della politica e senatore a vita
A mio parere il Progetto per la sinistra del Duemila, che mi viene proposto perché ne faccia un commento, è troppo ampio per poter essere discusso in modo approfondito durante i lavori del prossimo congresso dei Ds.
È diviso in quattro parti, di cui l'ultima, interessante per i dati che offre, intitolata Agenda Italia
2000, consiste in un elenco di 40 parametri riguardanti il rapporto tra Italia e altri Paesi
dell'Unione europea. Si tratta di una preziosa indicazione di mete da raggiungere per portare
l'Italia a livello degli altri Paesi. Ma come?
La prima parte, intitolata I valori e i principi, profila quattro aree del mutamento rispetto alle quali la sinistra riformista deve formulare i suoi obiettivi di fondo: l'eguaglianza, il posto sempre più grande della scienza e della tecnica nel futuro dell'umanità, il crescente divario tra potenza economica e tecnologia e il potere politico, il mutamento dello scenario internazionale dopo la fine del sistema dei blocchi. Segue un elenco di "scelte di valore", che riguardano temi vastissimi (e non tutti caratteristici della sola sinistra), che vanno dall'equa ripartizione della libertà alla difesa del lavoro e della sua dignità, dall'equilibrio ecologico all'integrità dell'essere umano.
La seconda parte, intitolata Il presente come storia, riguarda specificatamente il problema italiano e addita alla sinistra, che è poi sempre un centro - sinistra, nientemeno il compito di costruire una nuova classe dirigente, e come obiettivo la formazione di "un grande Ulivo in cui viva una grande sinistra" che dovrebbe comprendere, oltre alla cultura socialista, quella cattolico
- democratica, quella laica, quella ambientalista, tutte quante protese verso il consolidamento dell'Unione europea.
Unione da intendersi non come un superstato, ma come "una unione di Stati e di popoli che valorizzi al massimo nel suo seno i poteri delle regioni, il ruolo delle città, le autonomie e le tradizioni locali, entro cui l'Italia ha bisogno di ritrovare se stessa, giacché, diventare europei non ci fa cessare dall'essere italiani" (che l'Italia debba ritrovare se stessa come nazione è un tema di nuovo molto discusso in questi ultimi anni, al quale pare difficile possa dare un utile contributo un assemblea di partito che ha ben altri interessi).
La terza parte, intitolata "I temi progettuali", la più lunga e impegnativa, propone dieci temi, scelti attraverso quattro chiavi di lettura: più ampia partecipazione femminile, le riforme istituzionali, le riforme della cultura, la cittadinanza in una società multietnica. Vi si affrontano problemi come la piena occupazione, la riforma delle istituzioni, la frontiera dal sapere e dell'educazione, il riequilibrio fra il nord e il sud, l'autogoverno dei cittadini, la decadenza demografica, la sicurezza e difesa della legalità, l'ambiente come ricchezza e civiltà. Chi più ne ha più ne metta.
A mio parere sarebbe stato più utile concentrare la discussione sul tema che è oggi proprio della sinistra, in opposizione all'iperliberismo della destra, del rapporto fra Stato e mercato, tra sfera pubblica e sfera privata. Un tema, fra l'altro, che può benissimo essere compreso nella formula, proposta da Ruffolo e citata all'inizio "Sì all'economia di mercato, no alla società di mercato". Ma quali sono le regole, le istituzioni, in generale la struttura della società che non sia succube del mercato? Quando si legge che la "convinzione della sinistra riformista è che l'economia di mercato va equilibrata a favore della solidarietà sociale, della sostenibilità ecologica, dell'integrità della persona, dei beni pubblici, del primato della politica come strumento di scelte collettive razionali del ruolo attivo e consapevole dei soggetti sociali nella risoluzione dei conflitti", non ho difficoltà a concordare con l'affermazione che "tali elementi contrappongono chiaramente la sinistra alla destra". Ma a questo punto il problema del rapporto tra destra e sinistra si sposta e insieme si precisa. La sinistra deve difendersi dall'accusa di statalismo. Il problema del rapporto tra destra e sinistra, allora, a torto o ragione, diventa di fatto il tema del rapporto fra Stato e mercato, meno Stato e più mercato o viceversa, tra l'estensione maggiore o minore della sfera pubblica rispetto a quella privata. Ciò che ancora e sempre distingue e distinguerà la sinistra dalla destra sarà, da un lato l'affermazione dei limiti del mercato che sono limiti non solo economici ma anche etici, la contestazione della teoria o ideologia della mercificazione universale, dall'altro una più ponderata valutazione dell'importanza della sfera pubblica, in parole povere che non ci dovrebbero scandalizzare, dell'intervento dello Stato. Uno dei temi che qualsiasi governo di sinistra dovrà affrontare è quello del sempre più richiesto smantellamento dei poteri dello Stato. La parola d'ordine di qualsiasi futuro governo sarà:
privatizzare. Privatizzare quanto e come? Che cosa lasciare alla sfera pubblica? Può la sinistra rinunciare a quella conquista civile che è il servizio sanitario nazionale? E che dire del servizio scolastico nazionale che oggi sempre più viene messo in discussione come se lo Stato detenesse un monopolio, mentre la stessa Costituzione prevede il diritto di istruire scuole non statali? Non salta agli occhi la differenza tra un vero e proprio monopolio statale che è quello dei tabacchi, in base al quale la vendita libera di sigarette è proibita e punita come un reato? Così è per quel che riguarda il riconoscimento del diritto alla salute previsto dalla Costituzione. A quale monopolio? A nessuno è vietato aprire cliniche private, si intende, senza oneri per lo Stato. Non sono questi i temi da discutere? Personalmente non vedo nessuna difficoltà alla privatizzazione, ad esempio, del servizio postale, e magari anche delle ferrovie, se non avesse recentemente suscitato allarme quello che è accaduto in Inghilterra. La sinistra non può rinunciare all'esigenza di tutelare i diritti che solo attraverso l'intervento pubblico possono essere salvaguardati. E poi è proprio vero che l'intervento pubblico è sempre, per sua stessa natura, nefasto? Scrive Amartya Sen: "Se guardiamo all'aumento della longevità, all'aumento della durata media della vita, per esempio, in Europa, vediamo che questa è strettamente connessa con l'intervento pubblico. Si commetterebbe un errore pensando che l'intervento pubblico sia destinato a non produrre nulla di buono".